Il nostro ordinamento mantiene la tradizionale distinzione tra due forme di responsabilità: da un lato, la responsabilità contrattuale, discendente dalla previsione dell’articolo 1218 del Codice Civile, dall’altro la responsabilità extracontrattuale o aquiliana, derivante dal disposto dell’articolo 2043 del Codice Civile.
Indipendentemente dai riferimenti legislativi, il fondamento delle due forme di responsabilità è di diversa natura. La responsabilità contrattuale vede il suo fondamento nel contratto, quindi nell’accordo tra le parti che sancisce il loro incontro di volontà ed il sorgere di obblighi reciproci.
La responsabilità extracontrattuale, sorge di fronte al fatto illecito, cioè al comportamento doloso o colposo che espone colui che l’ha commesso al dovere di risarcire il danno, per il fatto stesso della commissione.
Dobbiamo, in prima istanza, analizzare il rapporto tra inadempimento contrattuale e risarcimento del danno.
L’articolo 1218 del Codice Civile sancisce infatti che il debitore, ovvero il soggetto passivo o, più semplicemente, il soggetto che deve adempiere all’obbligo previsto dal contratto, debba eseguire la prestazione prevista senza ritardo ed in maniera esatta, quindi rispondente a quanto previsto dall’accordo.
Qualora non adempia, adempia in ritardo o la prestazione sia inesatta, sarà esposto ad un dovere risarcitorio, che consiste, per l’appunto, nel risarcimento del danno da responsabilità contrattuale.
Contrariamente alla responsabilità extracontrattuale, in cui elemento centrale è il fatto illecito, nel caso della responsabilità contrattuale, quindi, fulcro del dovere risarcitorio è l’inadempimento.
La distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale non è puramente teorica, ma ha una notevole rilevanza pratica in considerazione del diverso regime cui sono sottoposte sotto diversi aspetti, tra cui si segnalano i principali:
onere della prova: nella responsabilità extracontrattuale chi pretende il risarcimento dei danni (l’attore) deve dimostrare il fatto materiale, cioè la condotta dell’agente, il danno subìto e il rapporto di causalità tra la condotta e il danno, nonché la colpa (o il dolo) dell’agente; nella responsabilità contrattuale, invece, l’attore deve dimostrare soltanto l’esistenza dell’obbligazione e l’oggettivo inadempimento, mentre è a carico del debitore l’onere di provare che l’inadempimento non è a lui imputabile;
prescrizione: in caso di responsabilità contrattuale, il diritto al risarcimento dei danni si prescrive nel termine ordinario di dieci anni, mentre in caso di responsabilità extracontrattuale, il diritto al risarcimento si prescrive, di regola, in cinque anni.
In tema di responsabilità contrattuale, il risarcimento del danno dovuto all’inadempimento o al ritardo della prestazione deve essere comprensivo sia della diretta perdita subita dal creditore (il c.d. danno emergente) sia del mancato guadagno di quest’ultimo (il c.d. lucro cessante), in quanto ne siano conseguenza immediata e diretta (nesso di causalità tra l’inadempimento e il danno).
Diverso è, invece, l’approccio della responsabilità aquiliana, in cui ad essere risarcibili sono tutti i danni, prevedibili o non prevedibili.
Limitato è, dunque, il contesto in cui si muove il risarcimento nella responsabilità contrattuale, ove l’inadempimento o il ritardo nella prestazione non abbiano natura dolosa, comporterà la sola qualificazione di una risarcibilità al mero danno prevedibile al tempo in cui è sorta l’obbligazione.
Chiaro è, in tal senso, il disposto dell’art. 1225 c.c.: "se l’inadempimento o il ritardo non dipende da dolo del debitore, il risarcimento è limitato al danno che poteva prevedersi nel tempo in cui è sorta l’obbligazione".
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Studio legale risarcimento danni. Bombaci&Partners.
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