L’omessa diagnosi, oltre a causare danni biologici al paziente che perde la salute o, in alcuni casi, la vita, provoca anche un danno non patrimoniale ai suoi parenti. Danno, questo, che dà diritto ad un risarcimento.
La conferma è arrivata dalla Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 28220 del 4 novembre 2019.
La vicenda ha per protagonista una famiglia che chiedeva il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata diagnosi di un'endocardite infettiva da cui era risultata affetta una parente stretta (madre e nonna degli attori) al momento delle dimissioni dall’Ospedale, dopo un intervento di valvuloplastica mitralica percutanea.
Secondo gli attori, l’omessa diagnosi aveva comportato un progressivo peggioramento delle condizioni di salute della paziente, con la necessità di numerosi ricoveri ospedalieri, di un intervento invasivo per la sostituzione della valvola mitralica e di una tracheotomia.
La vittima di malasanità si era dunque trovata nella necessità di un’assistenza costante, sia domiciliare che presso le strutture sanitarie in cui era stata ricoverata.
Oltre ad una inabilità temporanea di 13 mesi, era conseguita anche un’invalidità permanente del 50%.
Una condizione, questa, che aveva determinato un gravissimo turbamento e un mutamento delle abitudini di vita della famiglia.
Il Tribunale di Roma riconosceva la colpa della struttura sanitaria e del primario, accogliendo la domanda iure hereditatis e respingendo invece la domanda iure proprio.
Qual è la differenza?
Come già spiegato nel precedente articolo “Morte del paziente contagiato in ospedale: i parenti hanno diritto al risarcimento?”, in caso di risarcimento iure proprio viene risarcito il danno morale che gli eredi hanno patito per il danno del loro congiunto, in caso di risarcimento iure hereditatis viene risarcito il danno subito dalla vittima e poi trasferito agli eredi dopo la sua morte. I giudici dell’Appello riconoscevano un ulteriore risarcimento di a titolo di rimborso di spese mediche, ma rigettavano ancora una volta la domanda iure proprio.
Da qui, il ricorso dei familiari alla Corte di Cassazione.
In caso di omessa diagnosi (o diagnosi tardiva), oltre al danno biologico per il paziente che perde la salute e talvolta la vita, può verificarsi anche un danno non patrimoniale a carico dei suoi congiunti che, spesso, vedono stravolta la loro vita.
La famiglia può essere costretta a rivedere le proprie abitudini per accudire la persona vittima di una diagnosi non fatta e, se questa dovesse morire, può subire un danno da perdita del rapporto parentale.
Tale pregiudizio rappresenta una particolare ipotesi di danno non patrimoniale, derivante dalla lesione del diritto all’intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, all’inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana nell’ambito della peculiare formazione sociale costituita dalla famiglia.
La Corte di Cassazione, nel caso in esame, ha ribadito il principio decretando che: “Il risarcimento del danno non patrimoniale può spettare anche ai prossimi congiunti della vittima di lesioni personali invalidanti”.
L'omessa diagnosi rientra nel novero delle ipotesi che danno luogo a responsabilità medica, materia sulla quale il legislatore è intervenuto (in ultimo, con la legge 24/2017, più nota come “legge Gelli“) stabilendo come la responsabilità della struttura sanitaria rivesta natura contrattuale.
Spetterà, dunque, alla Struttura Sanitaria, in caso di omessa diagnosi ed al fine di liberarsi della sua responsabilità, dimostrare che essa e il proprio personale abbiano agito secondo i canoni di diligenza e prudenza qualificata, con proporzione rispetto al quadro clinico del paziente.
In tal senso, con riguardo all’onere della prova, la Corte di Cassazione ha provveduto a puntualizzare la seguente regola: “Il paziente danneggiato, quanto alla prova del danno subito, deve limitarsi a provare l’esistenza del contratto (o del contatto sociale) e l’insorgenza o l’aggravamento della patologia ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato, rimanendo a carico del debitore dimostrare o che tale inadempimento non vi è stato ovvero che, pur esistendo, esso non è stato eziologicamente rilevante”. (Cassazione civile, sez. III, 11/03/2016, n. 4764).
Alla luce di quanto sopra, ben si comprende l’importanza, in situazioni come quella di una omessa diagnosi, di affidarsi ad un avvocato esperto in materia di responsabilità medica, che possa assistere ed indirizzare le parti verso l’individuazione e la produzione di tutti quegli elementi necessari ad assolvere l’onere probatorio in capo agli eredi, onde non vedersi pregiudicata la possibilità di ottenere il riconoscimento di tutte le voci di danno risarcibili.
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